Essendoci casualmente capitato per le mani il n. 19 del giornalino del Blocco Studentesco, ossia la struttura giovanilista di Casapound, è difficile sottrarsi alla tentazione di commentarlo, a partire dallo slogan: “Nessun compromesso bandiera nera!”.
Evidentemente, i redattori sono all’oscuro dell’avvertimento di Ezra Pound: “Gli uomini che vivono sotto il dominio di uno «slogan» vivono in un inferno creato da loro stessi”: quando si afferma una cosa, infatti, bisogna poi darne conto ed essere conseguenti.
Le parole hanno il loro peso, anche quando appaiono maldestramente offerte al lettore, come “passivismo” o “annichilazione”, mimando una cultura elitaria che lo faccia sentire inferiore.
Rifiutare il compromesso però è un programma impegnativo, tanto più se ci si dichiara nemici giurati del sistema.
Al contrario, prendersi i finanziamenti pubblici dal sindaco compiacente, sostenere la destra più borghese (vi ricordate l’on. Santanchè in tour elettorale a Casapound?) o sognare di entrare in parlamento come i camerati greci di Alba Dorata, significa essere già parte del sistema e della società dello spettacolo.
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